Ogni tanto mi accorgo che senza volerlo non parlo mai di alcuni aspetti della mia vita, come il mio lavoro e la mia vita da freelance. Poi ci penso e mi dico: “Se più di cinque anni fa qualcuno mi avesse parlato in modo sincero e chiaro su questa scelta forse non avrei aspettato così tanto”. Anche se con i se e con i ma non si va da nessuna parte, io più ci penso e più il lavoro freelance lo sento mio. Mi piace, mi sento a mio agio e avrei voluto avere più coraggio prima. Forse avrei potuto se avessi incontrato una persona che me ne avrebbe parlato…
Per questo ho deciso di raccontarti qualcosa su come vivo la mia “vita da grafica” e soprattutto la partita iva. Penso che in Italia ci siano davvero troppi taboo nel mondo del lavoro.
13 Ottobre 2013. Apro la partiva iva, decreto così “la mia data di morte“. Quando ho dovuto aprirla non è stato per scelta ma per la condizione lavorativa che me lo imponeva. Ho lavorato in un ufficio in cui andavo tutti i giorni (e spesso ci rimanevo fino a tardi…) per quasi 10 anni. All’improvviso ero sola, il mio computer, i calendari, le scadenze, le fatture, gli f24, i bonifici, inps, inail, studi di settore, contabilità… catapultata in un mondo che pensavo lontano e che non potesse mai diventare la mia quotidianità. I primi due anni non sono stati dei migliori. Ho avuto molti alti e bassi ho combattutto per riuscire a resistere e gestire tutto.
Diciamo che l’ordine e la precisione non sono proprio il mio forte. Non parliamo poi di conti e percentuali. (Non sai quante fatture ho sbagliato).
Insomma non ho iniziato nel migliore dei modi a livello mentale e questo mi ha davvero bloccata su un sacco di cose e mi ha fatto lavorare male, con rabbia e nessuna voglia di migliorare.
Mi ricordo benissimo il momento in cui i miei “demoni” sono diventati solo dei coinquilini. Ero dal commercialista, in lacrime perché non riuscivo a saldare dei conti e la cosa mi destabilizzava e mi terrorizzava. Lui mi ha guardata, mi ha spiegato che se avessi pagato in ritardo non sarebbe successo nulla (in realtà c’è una mora da pagare ma io mi vedevo già in mezzo alla neve a vendere i fiammiferi) e soprattutto che se non ce l’avessi fatta avrei potuto semplicemente chiudere tutto. Senza più pensieri. Ricominciando da zero.
Non so cosa sia cambiato, ma da quel giorno mi sono detta: “Respira, lavora e fai quello che puoi. Vediamo cosa succederà”. Da quel giorno sono passati 3 anni e ora siamo a quasi 5 anni di attività. Anni in cui ho imparato un sacco di cose. Ho (quasi) imparato a fare le fatture e a sollecitare i pagamenti (prima mi sembrava una cosa negativa ma poi ho capito che è normalisssssimo). Ho sbagliato per imparare e continuerò a sbagliare. Continuerò a trovare il “cliente pacco” anche se sono convinta di riuscire a riconoscerlo così come continuerò a fare i lavori che mi piacciono e che posso scegliere.
Ora mi circondo di collaboratori che mi possono aiutare quando sono in difficoltà e quando il carico di lavoro è davvero oltre le mie possibilità (su questo NON ho ancora imparato). Conosco i periodi dell’anno in cui posso comprami un paio di scarpe o aumentare la mia collezione di ciabatte stupide o quando devo chiudere i rubinetti e andare a vivere in un eremo lontano dallo shopping online e di negozi.
Non è facile, non lo sono molte cose, ma questo non lo rende impossibile. Bisogna rinunciare a molte cose? Si. Si smette di vivere? No. E’ davvero una questione di testa. Una volta appurato che non “è una data di morte” ma solo una nuova esperienza non puoi che provare e se non ti ritrovi, non sei a tuo agio puoi semplicemente chiudere tutto e ricominciare. (ci sono i conti da fare anche in chiusura, ma almeno non li hai per tutti gli anni a venire).
Se io avessi potuto confrontarmi con qualcuno in questo modo forse avrei inziato in modo più sereno e con meno terrore.
La cosa più difficile di tutte? (dopo gli f24) Far capire a mia mamma che lavorare in casa non vuol dire “passo quando vuoi tanto sono sempre in casa” .
La cosa più bella? Alzarmi la mattina e coccolare i gatti per 20 minuti, uscire a pranzo con il mio non-marito e farmi il bagno quando ho voglia di farmi il bagno.
La cosa peggiore? Lavorare in continuato senza stop e senza orari perdendo la cognizione di tempo-stagioni-giorno-notte-feste e cercare di non finire quello che hai in frigo e nella dispensa in mezza giornata.
Spero davvero che questo post possa aiutarti a capire meglio cosa vuol dire fare una scelta del genere e a toglierti un po’ di quella paura che si ha in principio.
Bellissimo articolo, Clara, mi ricordo bene i tempi del tuo passaggio alla partita iva. Mi ha fatto molto piacere leggere il post e l’ho trovato anche molto utile.